BREXIT: gli effetti nel commercio estero a oggi

BREXIT: gli effetti nel commercio estero a oggi

Il 23 Giugno del 2016 è ricordato come un giorno di stupore e di novità.
L’Unione Europea per la prima volta dalla sua fondazione vive una separazione, i cittadini inglesi hanno votato a favore dell’uscita. Ben tre anni di trattative e dichiarazioni senza nessuna conclusione certa. L’arrivo del nuovo Prime Minister chiuderà effettivamente la questione?

QUALI GLI EFFETTI?
“La Brexit potrebbe seriamente danneggiare le fondamenta della più grande zona economica del mondo – ha dichiarato il presidente dell’Istituto Synopsys – e Bruxelles e Londra devono fare tutto ciò che è in loro potere per arrivare ad un accordo”.
Le aspettative sembrano positive nel senso che non ci sarà un impatto negativo nel business internazionale, ma sicuramente ci si ritrova in una fase di incertezza che dipenderà dalle scelte del governo britannico.

REGNO UNITO
Ci si aspetta una riduzione del reddito legata principalmente ad un aumento dei prezzi e alla minore produttività nel post-Brexit. Ci si dovrà riabituare a nuove tariffe, vista l’uscita dal mercato unico, che renderà più costoso l’acquisto di beni e servizi.
Un calo degli scambi commerciali con il Regno Unito porterebbe anche ad una minore competizione per alcuni prodotti e servizi che dunque potrebbero vedere il loro prezzo lievitare. Parallelamente a livello produttivo le aziende inglesi potrebbero crescere più lentamente perché sottoposte ad una riduzione della concorrenza e gli incentivi per nuovi investimenti in innovazione derivanti da FSE verrebbero ridotti.

ITALIA
L’interscambio italiano con il Regno Unito è di 35 miliardi di euro circa, 23 miliardi di export e 11 di import. La Brexit porterà a un calo dell’export ma non importante: almeno questo si aspettano un campione di 500 aziende italiane attive all’estero intervistate dal sistema camerale italiano. L’Italia, secondo i primi scenari ipotizzati, tra cui un’indagine della Standard & Poor’s, è uno dei paesi che rischia di meno dall’uscita della Gran Bretagna, classificandosi al 19° posto su 20 per vulnerabilità alla Brexit. In caso “no deal” la Brexit costerebbe all’Italia 4 miliardi l’anno, confrontato con i 9,5 miliardi di euro della Germania.

UNIONE EUROPEA
Ad oggi le prospettive future sono due: un’hard Brexit, un vero e proprio divorzio con l’Unione Europea, e di una soft Brexit, un’opzione concepibile più come una separazione,  che quindi allevierebbe il peso delle conseguenze economiche e legali dell’uscita. In entrambi i casi, nonostante scenari economici diversi, Irlanda, Germania e Francia risulterebbero i paesi più colpiti.
E come in tutte le “guerre” ci sono perdenti e vincitori e quando questi ultimi si riconoscono come Cina e USA un occhio di riguardo è d’obbligo

SUGGERIMENTI PER L’EXPORT VERSO UK
Su base annua il trend export è stazionario, mentre nel primo trimestre di quest’anno si è registrata una lieve crescita dell’export italiano, dovuta a due trend divergenti.
La Germania vede un calo delle importazioni dall’Italia, mentre sorprendentemente l’importatore più rilevante è proprio il Regno Unito, con una crescita del 23%, classificandosi come primo partner commerciale dell’Italia, seguito da Svizzera e Francia. Risultato di una necessità di fare scorte, di riempire i magazzini per sopperire ad eventuali blocchi alle frontiere o imposizioni di dazi che porterebbero ad un aumento dei prezzi dei prodotti.  Solo dal Regno Unito si registrano 450 milioni di vendite in più nel campo autovetture, abbigliamento e farmaceutico..

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